Gocce di Katerina Gogou
Guerra di strada Aaaaaaaaa! Questa è la guerra di strada. Grrrrreeci con grossi cappelli, già, li chiamavano republikas. Quadrati, graaaandi, con cappotti lunghi e cabardine, tenevano pistole in tasca, magari più pistole all'interno. Con le mani nelle tasca sparavano ad altri greci e camminavano veloci come avessero molta fretta o come se qualcuno li seguisse. Io volevo -ma non mi era permesso, dicevano- andare fuori. Volevo uscire. Là fuori, volevo. Da quel “è proibito”. Nel nostro angolo, Lambrou Katsoni e Boukouvalla, cumuli di gatti mangiati e cadaveri di carestia-li chiamavano immondizia- genitori e bambini.
Ho visto attraverso il vetro un proiettile colpire il palmo della mia mano sinistra, respirando odore di sangue e d’immondizia. Mia madre era in cucina e mio padre neanche so dove, apro la porta e vado verso l’immondizia.
E fu lì che io vidi, e me ne frego se non mi credete, il ragazzo più bello che avessi mai visto in vita mia. Se ne stava lì, coperto, con in mano una mitraglia, aveva una corta barba bionda e lunghi biondi capelli. E i suoi occhi... non so dire il loro colore. Sembrava come, o forse era proprio il Cristo. “Vai bambina, vai via”, mi disse, “via da qui. Mi uccideranno”. Feci un respiro profondo per correre veloce. “Piegati, così posso baciarti”, mi disse. Ed ero già a casa. Il primo uomo e l'ultimo che ho amato era un guerriero di strada.