FATTI SCOPARE DAL BEAT Ma cosa c'entra quell'altra storia, quella dei neri fuggiaschi e della resistenza, con la techno? La verità è che il mio culo bianco è infestato da quella voce, da quella traccia. Dintornato da un passato che non è un futuro perduto, ma un passato che ne preclude per sempre l'esistenza. Che si aggrappa ai nostri attimi fuggevoli di continuità con mano fredda. Il passato in cui lo schiavo era una cosa, una macchina. Il passato in cui lo schiavo come macchina era il prototipo della macchina come schiava. Stasera non ci sono, ma ripenso all'ultimo fine settimana e agli uomini cis etero che non vogliono farsi scopare sonicamente dalla techno. In parte lo interpreto come l'orrore dell'uomo cis etero a farsi penetrare, a essere scopabile. Uno stato che associa all'impotenza. La tecnica è unicamente ciò che può padroneggiare. Per lui non è ciò a cui abbandonarsi, non è ciò che si seduce. La voce del padrone. Può pensare il mondo solo padroneggiando. E, trattando il dintorno come un oggetto del suo sguardo e della sua padronanza, subentra l'angoscia che quello possa coglierlo di sorpresa inosservato, avvolgerlo e prenderlo con sé. Per lui il dintorno è uno spazio di angoscia, l'oscurità oltre il visibile, da cui ode provenire rumori strani e conturbanti. Forse ci sono altri residui di terrore bianco. La paura del dintorno, dell'oscurità, dei suoni che possono essere umani, alieni, ferini, macchinici: la paura della nerezza. L'implacabile memento di ciò che è schiavizzato, di ciò che è trattato come oggetto, merce, fruibile in quanto valore e in quanto carne, che tuttavia mantiene un bisogno, il bisogno di liberarsi, perdersi. E il terrore bianco che, così facendo, esigerà vendetta. (Raving – McKenzie Wark)